D. E’ uscito il tuo primo lavoro da solista. Un album dalle atmosfere colorate: XXI Century man. Come nasce questo disco?
R. Hai detto bene, un album dalle atmosfere colorate, in quanto lo associo proprio ad un caleidoscopio di colori per quanto è vario. In realtà il progetto di fare un disco solista era in cantiere da diversi anni: ho sempre composto musica, ma non volevo cadere nella possibile trappola di scrivere musica strumentale indulgente solo al mio strumento, la chitarra; volevo creare un album caratterizzato da una visione aperta della musica senza le classiche barriere e catalogazioni di genere. Nel tempo ho maturato l’idea di realizzare un concept album: non una semplice raccolta di brani musicali, ma un disco con una tematica di fondo raccontata in musica. E non dimentichiamo la parte grafica, grazie alle foto di Vincenzo D’Ilario, suoi sono tutti gli scatti che potete ammirare nel booklet interno del vinile oltre alla copertina.
Ogni brano ha un colore diverso come dicevamo, passo dall’uso dell’elettronica alle sonorità mediorientali, al Jazz, alla musica corale, per cui gli organici strumentali sono diversi a secondo del brano, all’interno del disco troviamo una intera sezione fiati, poi un coro polifonico, in altri momenti sonorità essenziali con tre o quattro strumenti acustici.
MI ha sempre annoiato l’incombente ritornello, per cui sapevi a che punto della canzone sarebbe arrivato già dopo le prime note. Nella mia musica ho cercato quindi di coniugare melodie cantabili su strutture armoniche più ricercate, ho curato gli arrangiamenti in modo da prevedere variazioni repentine di sonorità all’interno dello stesso brano, cambi di tempo, parti solistiche e momenti di atmosfera.
Le chitarre ovviamente sono ben presenti, ma sempre funzionali al pezzo.
D. Nel disco sono presenti molti musicisti, e ben tre cantanti, parlaci di queste scelte.
R. Proprio perché cercavo determinate sonorità mi sono avvalso di musicisti che rispecchiassero appieno quel che volevo esprimere, La maggior parte dei brani son cantati da Martina Pelosi, una voce sognante, interprete perfetta per i vocalizzi di “Kate” e le indulgenze orientali in “Misirlou”, poi c’è Monica Proietti Tuzia che canta su “Shaky Blues” e duetta con Sara Jane Ceccarelli su “Angel of Rags”. Quest’ultimo è un brano che amo particolarmente, arrangiato per fiati, con le due cantanti che interpretano un dialogo tra madre e figlia riguardo un clochard che hanno visto in strada.
Alla batteria c’è Marco Rovinelli, musicista eccelso, Pierluigi Campili alle tastiere ed al vocoder, Sebastian Marino al pianoforte, un grande percussionista esperto di suoni mediorientali, Simone Pulvano e moltissimi altri. Ognuno di loro è stato preziosissimo nel metter in campo le proprie competenze e permettere di realizzare questa mia opera.
Le chitarre e i basso son tutte suonate da me. I suoni son stati molto curati, in ogni brano son state scelte diverse chitarre ed amplificatori per avere il giusto sound, sono presenti chitarre elettriche, classica, 12 corde, acustica e anche la sitar-guitar in un paio di brani. L’accuratezza dei suoni accompagna tutto l’album, dalla registrzione alla scelta anche degli effetti anche vintage, in “Atlantis” alla chitarra è stato abbinato un echo a nastro degli anni ‘60, un vecchio Binson echorec. In studio assieme al fonico Walter Babbini, abbiamo voluto dare la massima qualità audio possibile.
D. In questo “concept album” quali tematiche hai voluto affrontare?
R. XXI Century Man tratta di tematiche globali, di un disagio dell’uomo contemporaneo: alcuni brani riguardano dei personaggi, “Daisy” è una adolescente completamente immersa nella sua vita virtuale, “Kate” è una donna che sta arrivando alla consapevolezza di vivere in una realtà totalmente discostante dal suo essere, dalla sua vera natura, in “Atlantis” forse il brano con il testo più metafisico, si va indietro nelle vite passate fino ad arrivare ad Atlantide, per ritrovare quella purezza dell’essere umano.
Nei giornali leggiamo di “fake news” lanciate in internet ormai quasi quotidianamente, e rimane sempre più difficile distinguere il vero dal falso. Una società disumanizzante e sempre meno attenta a prendere le difese dei più deboli, quelle persone che magari per circostanze di vita avverse, non riescono a mantenere quel tenore di vita che permetta loro una esistenza decente, ne ho parlato in “Angel of Rags”. Ma c’è anche tanta altra gente che, pur essendo ben integrata nel sistema, si trova nella posizione di chiedersi “dove sto andando”?
Siamo in un periodo mai verificatosi prima nella storia dell’umanità, in cui l’evoluzione tecnologica è talmente veloce che non riusciamo a goderne dei frutti, in quanto quello che ora è nuovo diventa intantantaneamente vecchio un attimo dopo: tutta questa velocità ci crea disorientamento, discostamento dal nostro essere. E in questo urge un ritorno ad una essenzialità di vita, ad una interiorizzazione ed un avvicinarci anche all’altro e non isolarci.
I testi partono proprio da queste mie riflessioni, che ho scritto parte in inglese, parte in italiano, poi Fabio Suttle, mio caro amico che vive Londra (esperto di lingua inglese ed anche brillante musicista) mi ha aiutato a trasporle in una corretta forma inglese. All’interno del booklet sia del vinile che del CD c’è una traduzione per una più facile comprensione.
D. Musicalmente a chi ti sei ispirato?
R. La mia formazione musicale inizia con il rock, ma poi ho studiato la musica classica, il jazz, le musiche delle culture orientali, anche ora, essendo una persona molto curiosa, continuo sempre ad intraprendere nuovi percorsi musicali ed a sviluppare le mie conoscenze già acquisite. Gruppi come Pink Floyd, Genesis, king Crimson, Yes, la PFM, I Porcupine Tree, queste band hanno costituito una parte importante nella mia formazione musicale, assieme alla musica jazz, in particolare quelle forme di jazz aperte all’ ibridazione con gli altri generi musicali. In seguito mi sono avvicinato ad artisti come Anoucha Shankar, Anohuar Bahrem, John Mclaughlin con Shakty, ma ascolto anche Debussy, John Zorn, Steve Coleman, le produzioni ECM. Da chitarrista mi hanno influenzato molto chitarristi come David Gilmour, di cui ammiro l’espressione ed il lirismo del suo suonare, poi Bill Frisell, Scott Henderson, Larry Carlton, Joe Satriani, Al di meola, ma ne potrei citare moltissimi. Diciamo che prediligo ascoltare strumentisti che si esprimono in maniera cantabile sul loro strumento, il virtuosismo mi piace, ma solo in funzione di uno sviluppo del brano in termini di musicalità. Non dimentichiamo il blues…sempre presente nei miei ascolti.
D. Hai scelto di far uscire Il disco anche in vinile, un supporto che seppur di nicchia, sta godendo di una nuova rinascita, mentre comunque la maggior parte della produzione musicale è indirizzata verso la “liquidità”, la musica in streaming.
R. XXI Century Man è concepito come un viaggio, è un disco che va ascoltato dall’inizio alla fine, per cui il supporto naturale è proprio il vinile. Ogni brano è legato all’altro, c’è un filo conduttore in tutto il lavoro, una omogeneità di sound anche nei cambi repentini di ambientazione sonora e di atmosfera. Premesso che non condanno in assoluto le nuove tecnologie, parliamo un attimo di cosa significa ascoltare un disco in vinile appena comperato. C’è il piacere di scartarlo, sentirne tra le mani la consistenza, metterlo accuratamente sul piatto, accendere l’amplificatore, far partire il giradischi e nel frattempo ammirare la copertina, aprire i fogli interni, apprezzare le foto, leggere i testi, il tutto mentre la musica inizia ad avvolgerci. Il disco, che solco dopo solco, nel suo movimento circolare ci porta a fermarci, in questa realtà attuale dove impera il concetto di fretta, per cui stiamo sempre più perdendo la gioia del concederci gli spazi per il piacere della nostra esistenza.
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